mercoledì 2 gennaio 2008

NON AVRAI ALTRO DIO ALL'INFUORI DI ME


In qualsiasi studio biblico su questo tema sentireste giustamente più o meno le seguenti cose. L’idolatria nella nostra epoca moderna non ha più a che fare con totem fisicamente visibili costruiti ad arte sfruttando le paure dettate dall’ignoranza della gente come strumento e forma di dominio, di legittimazione dell’autorità, di un certo ordine costituito, a presidio di regole sociali, di tradizioni ecc… Nella nostra epoca moderna l’idolo è qualcosa che non puoi vedere come tale perché nessuno lo indica con il proprio nome, idolo. E’ qualcosa di vago, e perché tale incredibilmente insidioso. Ma idolo è ciò che se venisse a mancare ci farebbe sentire perduti, vuoti, tristi. E’ qualcosa che attrae la nostra attenzione indicandoci (o indicandosi come) qualcosa di desiderabile, diventando così il motore della nostra volontà, la sua direzione. Ma un idolo così descritto potrebbe essere definito anche come la condizione del nostro riconoscimento nella comunità a cui vogliamo appartenere. Infatti “cosa” o “chi” sono desiderabili? In genere i studi biblici dopo aver un po’ argomentato la cosa, a questo punto tagliano corto e invitano a rimuovere gli idoli dalla nostra vita e a consacrarla al Signore, questa cosa è resa possibile da una diffusa coscienza del bisogno di porre un limite a tutte le cose che esigono un “qualcosa” da noi e di sperimentare la libertà da questi condizionamenti insopportabili. Ma raramente si dibatte sulla natura di ciò che è desiderabile o meno. La nostra vita. E’ questo a mio avviso l’elemento principale alla base di qualsiasi sistema, non solo di quello che vorremmo sottoporre a critica ma anche d quello che si vorrebbe proporre ad alternativa, il nostro sistema. Qualunque scelta che abbia come presupposto la possibilità di annullare la propria vita è un nonsenso e questa è una cosa indubbiamente molto complessa da capire. Basta pensare a quando ci viene contrapposta l’esperienza di chi è disposto a morire per amore come qualcosa che può essere morale volerlo. Ne parleremo magari un’altra volta. Ho richiamato questo fattore fondamentale, la vita, per dire quanto sia bello esistere e quante cose ci permette di assaporare e godere. E’ l’esperienza di questo ritorno ai “fondamentali” del nostro esistere che ci dovrebbe aiutare a mettere un po’ di ordine nei valori che diamo alle cose. «Perciò vi dico: non siate in ansia per la vostra vita, di che cosa mangerete o di che cosa berrete; né per il vostro corpo, di che vi vestirete. Non è la vita più del nutrimento, e il corpo più del vestito? » (Mt 6). Per me è stato necessario vedere un documentario sulla storia di san Francesco che al di là del mito è stata la storia di una vita vissuta nel rigore di questa semplicità per fissare tutto questo nella mente. Ce ne sono molte altre di storie straordinarie di missionari e servi del Signore che hanno fatto della semplicità e dell’umiltà una luce di bene abbagliante, che ci chiede: le nostre ansie sono delle necessità oggettive o altro? « Non siate dunque in ansia, dicendo: "Che mangeremo? Che berremo? Di che ci vestiremo?" Perché sono i pagani che ricercano tutte queste cose, mentre il Padre vostro celeste sa che avete bisogno di tutte queste cose». Tutto il resto c’è, naturalmente, ma viene dopo: la casa, la famiglia ecc...ma anche l’essere capaci, forti, belli e intelligenti. Insomma tutte cose che, guarda caso, potrebbero essere facilmente viste dagli altri come segni di gratificazione e riconoscimento sociale (idoli cm abbiamo detto prima). Noi dipendiamo da Dio accettando la vita che abbiamo avuto, Dio è nostro Padre e si prende cura di noi anche attraverso quel cammino che ci allontana dall’accettazione della società in quello che riguarda certi canoni di prestigio, forse perché è geloso e vuole farci maturare stabilmente in questo o forse perché vuole parlare agli altri di Lui. A questo punto credo che si possa dire che il miglior modo di essere felici è essere felici, accettare la nostra vita è un passo che sta a noi e ubbidire al Padre è un modo per onorarlo. Che il 2008 sia per tutti l’anno delle cose più belle, delle cose nuove. L’anno in cui possiamo goderci il Padre. «Ascolta Israele il Signore il tuo Dio il Signore è uno». Un abbraccio a tutti, Gioele

3 commenti:

Vivere per Lui ha detto...

perfettamente d'accordo spesso siamo accecati dalle delizie del mondo. La società cerca di darci linee di comportamento generali e
e noi pur di non sentirci emarginati le accettiamo a volte incondizionatamente tralasciando quei valori che Dio ci ha seminato dentro , la famiglia il lavoro i rapporti sentimentali... cercate prima il Regno di Dio poi Lui pensera' a tutto ,è proprio vero
simone

Anonimo ha detto...

Dacci oggi il nostro pane quotidiano.
Nella semplicità di questa preghiera c'è la ricerca del nutrimento e della vita. Mi immagino Gesù nel suo lungo digiuno di 40 giorni ripetere a volte nelle sue preziose preghiere questa frase al Padre, perchè non soltanto di cose materiali viviamo ma anche di pane spirituale.
Anche satana conosce questa nostra esigenza e l'idolo è il peccato che conduce a lui, l'idolo infatti è ad immagine delle nostre debolezze ed imperfezioni, spesso è materiale, tangibile quindi annula la paura ed il santo timore del divino, spesso è pane vero. Nessun idolatra erediterà la vita eterna.
Perciò Gioele il tuo richiamo è prezioso e ci spinge a riflettere, ognuno secondo le proprie debolezze, per fortificarci in Cristo.
Grazie.
Francesco

Anonimo ha detto...

Ciao Simone e Francesco sono contento che abbiate trovato interessante il post. E come intuivo i vostri commenti hanno aggiunto senso a quanto cercavo di dire. Nell'aver individuato alcune preoccupazioni piuttosto che altre e nell'aver anche radicalmente distinto il materiale dallo spirituale. Sapete "dammi oggi il mio pane quotidiano" è diventata in questi giorni la mia preghiera più detta. Credo che il Signore risponde,e rispode con l'equilibrio giusto tra pane terreno e quello spirituale, cioè tale che sono contento quando ricevo ora l'uno ora l'altro. La vita e il corpo penso che indichino anch'essi un equilibrio di questo genere. Un limite importante anche al nostro desiderio di rinuncia al mondo. Quasi tutti gli apostoli sono morti per Gesù, ma credo che l'abbiano fatto come sacrificio volontario che Gesù non voleva chiedere loro. Probabilmente è così. Bene vi lascio con un abbraccio. In Cristo, Gioele